
Gli Stati Uniti d’America sono un mercato da sempre affascinato dai prodotti made in Italy. Ai primi posti troviamo ovviamente l’export di prodotti agroalimentari e della moda, ma in realtà tutto ciò che è italiano, nell’immaginario collettivo americano, è associato ad un qualcosa di sicura qualità. Ogni esportazione negli Stati Uniti è di sicuro un successo. Gli Stati Uniti conservano, da sempre, una speciale predilezione per i prodotti italiani e non a caso rappresentano uno dei mercati più dinamici ed in crescita per l’export Made in Italy. Tuttavia entrare nel mercato a stelle e strisce non è semplice e per farlo è necessario scegliere una strategia di ingresso efficiente e rispettare una serie di procedure. Scopriamole insieme!
Quello degli Stati Uniti rappresenta uno dei principali mercati di sbocco per l’export italiano, infatti le PMI nostrane esportano in media oltreoceano circa 44,159 miliardi di dollari. E anche la bilancia commerciale sorride a al Belpaese che conserva un surplus di oltre 28 miliardi di dollari, mantenendo un trend di crescita costante nell’ultimo quinquennio.
Bisogna tuttavia sottolineare che quello americano rappresenta un mercato complesso, formato da 50 Stati che spesso si differenziano tra loro non solo dal punto di vista economico e normativo, ma soprattutto culturale. Per dare un quadro di sintesi, spesso le PMI italiane si scontrano con le seguenti criticità:
– Vastità del mercato;
– Scarsa conoscenza delle modalità d’approccio sia offline che online;
– Mancanza di una strategia definita con orizzonti di medio-lungo periodo;
– Corretto approccio al mercato dal punto di vista logistico e distributivo;
– Scarsa presenza sul mercato e conseguente difficoltà nell’approccio diretto con i partner commerciali americani;
– Scarsa conoscenza dei competitor e dei trend di mercato, spesso dettata da una fase analitica svolta in maniera superficiale o non continuativa;
– Fuso orario.
Diventa dunque fondamentale capire COME esportare negli Stati Uniti e soprattutto quale strategia di approccio scegliere al fine di evitare un sanguinoso dispendio di risorse: non esiste un modus operandi univoco perché ogni azienda ha la necessità di affrontare il mercato in base alle proprie caratteristiche.
Per prima cosa ti consiglio di analizzare bene il mercato a cui vuoi rivolgerti e non fare come la maggior parte che lavora a caso come capita!
COME ESPORTARE NEGLI STATI UNITI
L’Analisi del mercato USA
Innanzi tutto va fatta un’analisi del mercato americano, un mercato complesso che vede ben 50 stati ognuno con le sue normative e una cultura propria. Se si volesse fare una sintesi delle criticità a cui deve far fronte un’azienda italiana che vuole esportare in negli Stati Uniti “improvvisando”, potremo riassumerle nei seguenti punti:
- mercato molto vasto;
- nessuna conoscenza dei competitor;
- difficoltà di approccio al mercato;
- conoscenza insufficiente dei sistemi logistici e di trasporto;
- mancata presenza diretta sul territorio;
- nessuna o scarsa conoscenza dei possibili partner commerciali;
- scarsa conoscenza delle procedure di sdoganamento delle merci;
- assenza o predisposizione errata di un piano di ingresso sui mercati USA.
Queste le principali difficoltà che si possono incontrare, criticità che se non tutte perfettamente superate, incideranno fortemente in negativo.
STRATEGIE DI INGRESSO
Dopo aver svolto un’accurata analisi del mercato e deciso il budget che si intende destinare alle attività da svolgere, bisogna individuare una corretta strategia d’ingresso. Tra queste vi sono:
Le fiere – Spesso il primo approccio di un’azienda ad un nuovo mercato è la partecipazione ad una fiera di settore che rappresenta un’ottima opportunità per conoscere da vicino operatori specializzati, competitor e stakeholder. In troppi casi però queste sono iniziative spot incapaci di produrre i risultati desiderati in fase di follow-up per una serie di criticità: presenza sul mercato, organizzazione logistica e distributiva, promozione del brand, prontezza, preparazione al mercato.
Importatori e distributori – La maggior parte dei prodotti italiani arriva negli Stati Uniti grazie ad importatori e distributori che intrattengono relazioni con supermercati, negozi alimentari, negozi specializzati e ristoranti. Tutto ciò però non è più sufficiente dal momento che i buyer americani ormai chiedono garanzie alle aziende produttrici italiane in termini di presenza sul territorio – con una warehouse che permetta stoccaggio della merce, gestione dei resi e facilità di approvvigionamento. Inoltre un’altra caratteristica fondamentale (e dispendiosa) riguarda l’impegno in termine promozione del brand/prodotto sul mercato di riferimento.
Agenti e broker – Innanzitutto c’è da fare una distinzione fondamentale: l’agente riceve il mandato dall’azienda (monomandatario o plurimandatario) per cui lavora al fine di collocarne il prodotto sul mercato, mentre il broker è un venditore indipendente che negozia i prodotti dell’azienda, la quale richiede la sua prestazione una tantum su aree geografiche prestabilite. Nel primo caso spesso gli agenti lavorano per più aziende e con marginalità differenti, mentre il broker non garantisce continuità negli ordini.
Struttura propria – Rappresenta sicuramente la strategia d’ingresso più onerosa e che ben si adatta alle realtà solide dal punto di vista economico e con una progettualità di approccio al mercato di lungo periodo.
Canale online – Sicuramente il canale più in crescita e meno battuto dalle PMI italiane, probabilmente ancora troppo legato al paradigma tradizionale con i vari intermediari come importatori e distributori (approccio che ancora produce comunque volumi molto superiori rispetto alle vendite online di Made in Italy). Le opportunità sono varie e i numeri ormai parlano chiaro, tanto che entro il 2020 l’e-commerce negli Stati Uniti dovrebbe raggiungere la cifra monstre di oltre 680 miliardi di dollari.
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LOGISTICA
La fase logistica si compone principalmente di 3 momenti:
1. Dogana export: processo che avviene in Italia e che solitamente non pone particolari problematiche;
2. Dogana import: qui vigono le leggi americane, per cui è importante affidarsi ad uno spedizioniere internazionale;
3. Sdoganamento e arrivo a destino: in questo caso bisogna stabilire gli incoterms per definire gli obblighi dei contraenti e produrre la documentazione richiesta.
Per esportare negli States sono necessari di base i seguenti elementi:
– Fattura commerciale: da redigere in inglese, senza IVA perché si esporta verso gli Stati Uniti. Bisogna includere anche il paese d’origine della merce e le classificazioni doganali secondo le tabelle merceologiche americane;
– Packing list: ovvero l’elenco dettagliato dei prodotti che vengono spediti, ordinati per scatola e per pallet (preferibilmente numerati). Bisogna necessariamente usare le stesse descrizioni del prodotto utilizzate per la fattura;
– Bill of Lading (POLIZZA DI CARICO) o Airway Bill prodotta dallo spedizioniere;
– Certificato di origine delle merci;
– Power of Attorney (POA): è un mandato necessario al broker doganale americano per espletare tutta la documentazione di dogana import e sdoganamento per conto dell’azienda (da richiedere allo spedizioniere);
– Customs Bond: una fidejussione a carico di chi importa e funge da garanzia per la dogana americana contro il mancato pagamento di dazi e spese;
– Importer Security Filing: dal 12 dicembre 2013 tutti gli esportatori di prodotti alimentari devono notificare in anticipo (ovvero la “Prior Notice” già in vigore nel 2003) alla FDA ogni spedizione di alimenti e preparati destinati al consumo umano e animale negli USA;
– Altre certificazioni, licenze o permessi speciali (dipende dal tipo di prodotto che si intende esportare).
Ulteriori documenti/informazioni devono essere forniti per le attività di sdoganamento e arrivo a destino. Tra questi ricordiamo:
- Dichiarazione doganale;
- Dichiarazione giustificativa del diritto d’ingresso;
- Nome e indirizzo del venditore e del compratore
- Descrizione dettagliata dei prodotti: nome, marchi e simboli, natura della merce, quantità e pesi, prezzo unitario, costo d’imballaggio, costo del trasporto e ogni altro onere sostenuto per l’importazione di beni;
- Il porto (o aeroporto) di entrata;
- Le prime sei cifre del Sistema Armonizzato;
- Il codice del fornitore;
- Il nome del responsabile della ditta esportatrice incaricato della transazione;
- Documentazione relativa al trasporto negli USA.
Espletate tali formalità il carico può essere esaminato e rilasciato. Entro 10 giorni dall’ ingresso della merce, l’importatore deve presentare una documentazione riassuntiva delle registrazioni e depositare la somma valida per i dazi al porto di sbarco. In particolare:
1. Documento di importazione restituito all’importatore, al broker o al suo agente autorizzato dopo il rilascio della merce;
2. Una registrazione riassuntiva;
3. Altre fatture o documenti necessari per il calcolo dei dazi, l’elaborazione di statistiche o per accertare che tutti i requisiti richiesti siano stati soddisfatti.
In caso di mancata dichiarazione dei beni al porto di sbarco entro i termini previsti, questi vengono collocati in un magazzino (a spese dell’importatore) e passati sei mesi possono essere distrutti o messi all’ asta.
Diventa dunque fondamentale scegliere uno spedizioniere affidabile e comunicare tempestivamente tutte le informazioni richieste per evitare problemi con l’arrivo e lo sdoganamento della merce, oltre che definire gli obblighi dei contraenti con gli Incoterms prima di procedere con qualsiasi spedizione.
ETICHETTATURA
Infine si ricordano alcuni elementi obbligatori da non emettere nell’etichettatura dei prodotti destinati al mercato americano. Tra questi:
• Nome del prodotto;
• Paese di origine (“Made in…” o “Product of …”);
• Nome e indirizzo del produttore;
• Peso netto (”Net content…“) espresso in galloni o, se inferiore al gallone, in once fluide (fl. oz.) e in pinte;
• Stato fisico del prodotto (es. intero, cubetti, porzionato) se non si evince facilmente dalla confezione o attraverso immagini riportate sull’etichetta;
• Elenco degli ingredienti;
• Informazioni nutrizionali: la porzione è determinata in base alla quantità̀ di alimento generalmente consumata da una persona, e deve essere espressa in una unità di misura familiare (cup, tablespoon, ecc.) o in pezzi, e la relativa traduzione in unità del sistema metrico (es. grammi/ml)
• Elementi allergenici: Secondo il Food Allergen Act è necessario specificare nelle etichette la presenza di elementi responsabili del 90% delle reazioni allergiche come latte, uova, nocciole, frutta secca, pesce, crostacei, grano e soia.
Tali elementi potrebbero variare a seconda del tipo di prodotto e categoria merceologica.
Un buon punto di partenza è comunque quello di consultare il sito della U.S. FOOD & DRUG ADMINISTRATION (FDA).
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Norme FDA riguardanti i produttori e gli esportatori di prodotti alimentari
Ci sono 3 principali requisiti per poter esportare alimentari negli Stati Uniti che accomunano tutti i produttori e gli esportatori indipendentemente dal prodotto esportato.
FDA – https://www.fda.gov/
- 1) Registrazione FDA
Il primo requisito per esportare prodotti alimentari negli Stati Uniti è registrarsi presso la FDA e ottenere un numero di registrazione che andrà riportato in tutte le pratiche di importazione in America. La registrazione è obbligatoria per ogni stabilimento coinvolto nella produzione, lavorazione, confezionamento o conservazione dei prodotti alimentari volti al consumo negli Stati Uniti.
- 2) Nomina dell’FDA Agent
In fase di registrazione FDA, qualora lo stabilimento di produzione sia al di fuori degli Stati Uniti, la FDA richiede obbligatoriamente la nomina di un FDA Agent, ovvero un agente rappresentante dell’azienda italiana che abbia domicilio/sede negli Stati Uniti. Si tratta di una rappresentanza formale (non commerciale), ovvero una figura di collegamento tra la FDA e il produttore italiano alla quale la FDA si rivolge per qualsiasi comunicazione o problematica dovesse insorgere.
- 3) Messa a norma FSMA
Di recente la FDA ha introdotto il FSMA, un pacchetto normativo che ha impatto su tutti gli operatori del settore alimentare (dal produttore all’importatore) e che ha l’obiettivo di verificare la sicurezza dei prodotti alimentari venduti negli USA. Si applica da una parte sui produttori e i processi produttivi, e dall’altra sull’importatore che deve implementare un programma di verifica sui prodotti importati.
Riporteremo di seguito una sezione dedicata a FSMA che va a riassumere i contenuti della norma; in linea generale trattandosi di un pacchetto normativo relativamente recente, anticipiamo per esperienza che molti produttori italiani – salvo non esportino in maniera regolare e sostanziale negli USA – non sono ancora a norma FSMA e devono intraprendere tutte le azioni di messa a norma.
Norme FDA per la messa a norma dei prodotti alimentari da esportare negli USA
Allo stesso modo della messa a norma dei produttori, anche a livello di prodotto ci sono dei requisiti trasversali che si applicano a tutte le tipologie di prodotto alimentare e che si affiancano ad alcuni requisiti specifici che invece competono solo determinati prodotti.
Salvo per alcuni processi che richiedono un’autorizzazione preventiva di FDA, è importante sottolineare che i processi elencati sotto NON sono soggetti all’approvazione preventiva FDA.
In altre parole, FDA non approva né revisiona niente a priori, ma stabilisce solo le regole e pone in capo al produttore/esportatore la responsabilità di mettersi a norma. Quello che la FDA può fare sono dei controlli, in sede di importazione, per verificare la compliance dei prodotti a posteriori. Nel caso di prodotti importati questo controllo avviene già in fase di sdoganamento della merce negli USA. Ecco i principali requisiti:
- 1) Revisione dei contenuti dell’etichetta
Le etichette dei prodotti alimentari che vengono immessi in commercio negli Stati Uniti devono essere fatte secondo le norme emanate da FDA. Si tratta di norme molto precise e specifiche che riguardano sia il contenuto che la forma dell’etichetta, in altre parole vanno a toccare sia COSA si scrive sull’etichetta (a livello di contenuti) sia COME lo si scrive (a livello di dimensioni, posizione, etc).
Un’etichetta italiana generalmente NON è a norma FDA, prima di tutto perché non è in inglese (requisito obbligatorio), e in secondo luogo perché la normativa europea è molto diversa da quella FDA e per questo motivo tutte le etichette vanno revisionate e messe a norma. Le aree principali da revisionare e mettere a norma sono le seguenti: - Elementi della parte frontale dell’etichetta (nome prodotto, peso netto)
- Ingredienti
- Allergeni
- Coloranti e conservanti
- Claims
- Informazioni sul produttore/importatore/distributore.
- Elementi della parte frontale dell’etichetta (nome prodotto, peso netto)
- Nello specifico, per alcuni prodotti FDA ha pubblicato uno Standard of Identity, ovvero ha stabilito una definizione, un nome, che deve sempre essere rispettato per vendere il prodotto alimentare per il quale è stato promulgato uno Standard of Identity. Occorre quindi sempre verificare se esiste uno Standard of Identity e, se sì, verificare che il prodotto sia compliant con tale standard per evitare che sia considerato misbranded. Tutto questo si applica su TUTTI i prodotti in commercio negli USA, indipendentemente dalla tipologia.
- 2) Tabelle nutrizionali FDA
Il secondo requisito comune a TUTTI prodotti è la tabella dei valori nutrizionali, i cosiddetti Nutrition Facts. Anche su questi la regolamentazione FDA è molto precisa, soprattutto quando si tratta di arrotondamenti e identificazione della RACC di riferimento.
È bene infatti specificare che diversamente dall’Italia dove le tabelle nutrizionali sono redatte sui 100g, negli USA i Nutrition Facts sono calcolati sulla porzione che, secondo FDA, è normalmente consumata per quel tipo di prodotto.
Come per i contenuti dell’etichetta, anche sui Nutrition Facts ci sono regole precise di forma su come elencare i valori nutritivi obbligatori e come presentarli graficamente.
È importante sottolineare che nel 2016 la FDA ha aggiornato i Nutrition Facts, per cui tutti coloro che avevano redatto i NF prima di quella data devono mettersi a norma con il nuovo formato.
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Ulteriori normative FDA relative a particolari categorie di prodotti alimentari destinati alla vendita in America
Oltre alla revisione dell’etichetta e ai nutrition facts che si applicano in maniera trasversale su tutti i prodotti, potrebbero esserci ulteriori requisiti che si applicano solo a determinate tipologie di prodotto.
Registrazione FCE e Procedura SID
La prima categoria di prodotti che richiede un passaggio ulteriore rispetto alla messa a norma dell’etichetta e delle tabelle nutrizionali è quella degli Acidified and Low-Acid Canned Food, ovvero le conserve, i prodotti conservati sottovuoto o in scatola a bassa acidità e prodotti alimentari acidificati artificialmente.
Un prodotto alimentare a bassa acidità è un qualsiasi prodotto alimentare [eccetto vino e bevande alcoliche] il cui PH finale di equilibrio è maggiore di 4.6 oppure la cui “activity water” è maggiore di 0.85 [un esempio di prodotto a bassa acidità ma con una “activity water” inferiore a 0.85 sono le marmellate dove l’elevata quantità di zucchero riduce appunto drasticamente la a.w].
Un prodotto alimentare acidificato artificialmente è un prodotto che è naturalmente a bassa acidità ma il cui PH finale di equilibrio è stato ridotto con l’aggiunta di acidificanti. Oppure un prodotto alimentare il cui livello di “activity water” è stato portato sotto il livello di 0.85.
Quello della registrazione FCE e della procedura SID è l’unico caso di procedura di autorizzazione preventiva alla importazione e vendita da parte della FDA. Come già detto, per altri prodotti la FDA si limita a dettare le regole e a controllare poi, in sede di procedura di importazione in America, che la messa a norma sia conforme alle regole emanate dalla FDA stessa.
Il controllo del processo produttivo per le classi di prodotti succitate è legato al rischio dello sviluppo del botulino che, in assenza di ossigeno e a livelli di acidità superiori ad un ph del 4.6, è assai elevato.
In tali casi, la Food and Drug Administration richiede che l’azienda produttrice si registri ed ottenga il cosiddetto numero FCE [Food Canning Establishment – download documento pdf] e che, per ogni classe di prodotto, ottenga la certificazione del processo di sterilizzazione. A certificazione avvenutaviene segue l’assegnazione del cosiddetto numero SID da includere sempre nella documentazione di dogana import Stati Uniti.
Quindi, mentre il numero di registrazione FCE pertiene all’azienda, il numero di SID è tipico della famiglia di prodotti che viene certificata. Elemento centrale per il rilascio della certificazione SID è la validazione della autoclave [autoclavi] usata per sterilizzare il prodotto in questione [conserve, sughi pronti, marmellate, pomodori pelati, funghi o tartufi, creme di formaggio etc]
Richiesta di Permessi di Importazione [Import Permit]
Per alcuni tipi di prodotti alimentari serve fare richiesta del permesso di importazione [“Import Permit”]. Si tratta di un’autorizzazione all’importazione negli Stati Uniti che viene richiesta e rilasciata dalla USDA [United States Department of Agricolture]
Le specialità alimentari per cui occorre la richiesta dell’import permit sono tutte quelle che contengono proteine animali come ad esempio latte, creme di latte, latte in polvere, uova o uova in polvere, quando la proteina animale è cruda, ovvero non completamente cotta durante il processo di preparazione.
Per questo motivo occorre valutare il processo produttivo del prodotto per capire se lo stesso sia soggetto o no ad Import Permit. Ad esempio, saranno soggetti ad Import Permit i gelati, le torte con creme, i preparati per brioche surgelate, etc.
Qualora invece le proteine animali (latte in polvere, uova, uova in polvere, etc) siano cotte prima dell’importazione, sarà sufficiente allegare alla documentazione di dogana import Stati Uniti delle dichiarazioni di conformità rilasciate dal veterinario della ASL del paese da cui proviene l’ingrediente in questione.
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Tabella riassuntiva della compliance FDA per le principali categorie di prodotti alimentari
La tabella che segue identifica i requisiti normativi FDA che si applicano ad alcune categorie di prodotti alimentari tipicamente importati negli USA.
Tutti i prodotti a lunga conservazione sono leggermente più complessi perché richiedono il processo di validazione dell’autoclave nonchè la registrazione FCE per l’azienda produttrice e la procedura SID. Su questi prodotti il suggerimento è quello di identificare fornitori che stiano già esportando negli USA e quindi siano già a norma sotto questo punto di vista.
Infine, le carni ed i salumi sono una categoria problematica da esportare negli USA in quanto il processo di messa a norma è regolamentato da USDA e i requisiti sono talmente “proibitivi” e costosi che sono pochissimi i produttori di carni e salumi italiani certificati ad esportare negli USA. Su questo tipo di prodotto il suggerimento è quello di acquistarlo direttamente in loco da distributori che già importano salumi italiani e che quindi si prendono carico di tutte le attività di compliance.
A conclusione di questa sezione, il commento è che la compliance FDA – per quanto un tema di grande importanza che richiede molta attenzione – non deve essere percepito come un ostacolo bensì come un investimento che si fa in fase iniziale per mettere a norma tutto quanto necessario ma che una volta completato permette di esportare in via continuativa prodotti alimentari verso gli Stati Uniti. ExportUSA da sempre si occupa di tutte le attività di messa a norma FDA e potrà dunque supportare in tutte le pratiche necessarie per la messa a norma FDA.

Principali norme e procedure
Funzionari del FSIS procedono periodicamente a visite ispettive in Italia, per verificare il livello di controllo assicurato sugli stabilimenti dalla CCA, sia direttamente, sia attraverso le Regioni e le ASL, che assicurano la presenza negli stabilimenti del veterinario ufficiale quando vi sono produzioni USA nell’impianto (ex Daily Inspection – nuove modalità per l’esecuzione dell’ispezione veterinaria presso gli impianti di prodotti a base di carne abilitati all’export di prodotti verso gli USA).
Il ministero della Salute ha emanato diverse istruzioni operative per coprire i requisiti addizionali, rispetto alla norma comunitaria, che devono essere applicati dalle aziende che desiderano esportare verso questo Paese terzo. I più recenti:
- Circolare 21 giugno 2021 – Stabilimenti di macellazione abilitati all’esportazione verso gli USA – Requisiti e controllo ufficiale
- Circolare 21 ottobre 2020 – Gestione Listeria monocytogenes e Salmonella spp. criteri e modalità di gestione dell’autocontrollo aziendale e modalità di verifica dell’Autorità Competente
- Approfondimenti utili: FSIS Lm Regulation 03 27 2019 , Check list controlli Lm
- Circolare del 10 ottobre 2019 – Esportazione verso gli Stati Uniti d’America di carni e prodotti a base di carni suine (test and hold)
- Circolare 3 Gennaio 2019 – Esportazione verso gli Stati Uniti d’America di prodotti composti “ready to cook” contenenti ingredienti di origine animale inclusi carne e prodotti a base di carne suina
- Circolare 24 ottobre 2018 – Export verso gli USA di prodotti “thermally processed-commercially sterile”
- Circolare 17 marzo 2017 – Controllo ufficiale presso gli stabilimenti iscritti nella lista degli impianti italiani autorizzati all’esportazione di prodotti alimentari di competenza USDA-FSIS in USA – REV 1
- Circolare 14 aprile 2016 – Procedura di iscrizione nella lista USDA-FSIS degli stabilimenti autorizzati all’export negli Stati Uniti d’America
- Circolare 14 aprile 2016 – Esportazione verso gli Stati Uniti d’America di alimenti di origine animale e alimenti contenenti prodotti di origine animale e vegetale (prodotti composti)
- Circolare 14 febbraio 2014 – Trattamenti di alte pressioni (HPP) in prodotti alimentari destinati all’esportazione verso i Paesi Terzi
Per una migliore comprensione delle circolari relative all’export in USA leggi alcuni regolamenti statunitensi tradotti in lingua italiana.
Richiesta di Permessi di Importazione [Import Permit]
Per alcuni tipi di prodotti alimentari serve fare richiesta del permesso di importazione [“Import Permit”]. Si tratta di un’autorizzazione all’importazione negli Stati Uniti che viene richiesta e rilasciata dalla USDA [United States Department of Agricolture]
Le specialità alimentari per cui occorre la richiesta dell’import permit sono tutte quelle che contengono proteine animali come ad esempio latte, creme di latte, latte in polvere, uova o uova in polvere, quando la proteina animale è cruda, ovvero non completamente cotta durante il processo di preparazione.
Per questo motivo occorre valutare il processo produttivo del prodotto per capire se lo stesso sia soggetto o no ad Import Permit. Ad esempio, saranno soggetti ad Import Permit i gelati, le torte con creme, i preparati per brioche surgelate, etc.
Qualora invece le proteine animali (latte in polvere, uova, uova in polvere, etc) siano cotte prima dell’importazione, sarà sufficiente allegare alla documentazione di dogana import Stati Uniti delle dichiarazioni di conformità rilasciate dal veterinario della ASL del paese da cui proviene l’ingrediente in questione.
A questo punto caro mio amico e cara mia amica come vedi vendere soprattutto al’estero non è per tutti! Parecchi improvvisati e poco “fieno in cascina”. Troppe volte vedo parlare di internazionalizzazione o semplici vendite e poi quello che accade è che rimangono parole e anche se qualche vendita viene fuori ti ritrovi ad averci marginato poco a favore del debito aziendale. Vuoi esportare i tuoi prodotti all’estero ma non sai da dove iniziare?
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